Stufati, arrosti, cacciagione, bagna cauda. I piatti sulla tavola del re Vittorio Emanuele II erano abitualmente cibi popolari di tradizione regionale. Il re che nel privato era considerato poco elegante e disinvolto in quanto a posate e tovaglioli, nelle occasioni pubbliche aveva bisogno di un severissimo autocontrollo. Come racconta il conte Elenry d’Ideville, segretario della legazione francese a Torino: "ll re è sobrio, mangia una sola volta al giorno, ma abbondantemente e preferisce i cibi grossolani e popolari. Quando è costretto ad assistere a un banchetto ufficiale, a un pranzo di Corte, non svolge nemmeno il tovagliolo, non tocca convitati, senza cercar di nascondere l’impazienza e la noia”. Tra i piatti che il re amava di più c’erano i tajarin (pasta fresca lunga e sottile) selvaggina al civet o alla brace (un piatto di cacciagione) , uova sode servite servite tritate con il condimento di prezzemolo e olio e il gran bollito, piatto forte della cucina piemontese.
Annunziata Carratù
Maria Senescente
Lucia Rinaldi
Antonietta Orvieto
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