giovedì 10 marzo 2011

Il Gran bollito del re

Vittorio Emanuele II
 
Vittorio Emanuele II, quando era Principe di Savoia in attesa del trono, scappava dalla Corte di Torino  e per andare a Moncalvo, per la caccia, per gli  amori con villane accondiscendenti e fare con gli amici allegre mangiate di Bollito, accompagnato da fiumi di Barbera. La ricetta del Gran Bollito Piemontese, tra i piatti simbolo del Risorgimento, si presenta abbastanza laboriosa. Occorre anzitutto “un soggetto adatto”: vitello di razza piemontese. La carne, ben frollata, va cotta tutta insieme, immergendola in acqua già bollente, poco salata, con dentro un bouquet di spezie e odori tra cui: rosmarino, aglio, lauro, sedano, cipolla, gambi di prezzemolo, e tirata su al momento del servizio. La preparazione di base si compone di sette tagli: groppa o capocollo o tenerone, gamba o stinco, pancia o scaramella o biancostato o grasso-magro, culatta, cappello da prete o «arrosto della vena» o sottopaletta, punta col suo fiocco, infine la Rolata «copertina di petto arrotolata e legata su un ripieno di lardo o prosciutto, salame cotto, due uova e una carota intere, erbe aromatiche e pepe, che viene poi tagliata a fette». In pentole diverse si cuociono invece i sette sostegni o ornamenti – anch’essi fatti di carne. In oltre vengono usate come accompagnamento salsa verde, salsa rossa, salsa di miele, cogna’ o salsa al rafano o cren, le mostarde più o meno piccanti di Cremona o di Voghera e la Senape servono ad insaporire un piatto che già non è sciapo di suo; ma, a stimolare i succhi gastrici. Sono loro che fanno il vero Bollito tipico - vale a dire la testina «completa di musetto, orecchio ed occhio, bocconi del buongustaio», la lingua, lo zampino, la coda. Per un piatto così viene consigliato un vino Barbera  possibilmente giovane. Dopo tanto bollito credo che un bel buon dolce sia d’obbligo.

Saverio Santoriello

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